PAOLO GIOFFREDA architetto
 
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L'ARCHITETTURA SACRA con l'arch. Paolo Gioffreda
Il tempio è l'immagine che la pupilla riflette e rivela. Esso è, quindi, segno di luce e di bellezza.
Detto in altri termini, potremmo affermare che lo spazio sacro è epifania dell'armonia cosmica ed è teofania dello splendore divino.
In questo senso un'architettura sacra che non sappia parlare correttamente - anzi, "splendidamente" - il linguaggio della luce e non sia portatrice di bellezza e di armonia decade automaticamente dalla sua funzione, diventa "profana" e "profanata". È dall'incrocio dei due elementi, la centralità e la bellezza, che sboccia quello che Le Corbusier definiva in modo folgorante "lo spazio indicibile", lo spazio autenticamente santo e spirituale, sacro e mistico.
Certo, questi due assi portanti trascinano con sé tanti corollari:  pensiamo alla "sordità", all'inospitalità, alla dispersione, all'opacità di tante chiese tirate su senza badare alla voce e al silenzio, alla liturgia e all'assemblea, alla visione e all'ascolto, all'ineffabilità e alla comunione. Chiese nelle quali ci si trova sperduti come in una sala per congressi, distratti come in un palazzetto dello sport, schiacciati come in uno sferisterio, abbrutiti come in una casa pretenziosa e volgare.
(Dalla "Lectio Magistralis" che il S. E. Cardinale Gianfranco Ravasi ha tenuto il 17 gennaio 2011 a Roma presso la facoltà di Architettura dell'Università La Sapienza).

In basso l'allora Mons. Gianfranco Ravasi (oggi Cardinale e Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa) con l'Arch. Prof. Paolo Gioffreda, durante l'undicesimo Congresso Internazionale alla Pontificia Università Urbaniana di Roma (13-14 ottobre 2007) IL VOLTO DEI VOLTI NELL'ENCICLICA "DEUS CARITAS EST" (Le diverse espressioni dell'Amore nella Sacra Scrittura).


E l'Abside dice
    Io sono il confine della tenebra.
E la Facciata dice
    Io sono la muraglia del cielo.
E la Navata maggiore dice
    Io sono la via lattea del Signore.
e le Colonne dicono
    Noi siamo la selva immobile.
E la Volta sopra l'altare dice
    Io sono l'arcobaleno eterno.
E la Cripta dice
    Io sono la stiva dei corpi che dormono nel Signore.
E l'Altare maggiore dice
    Io sono la mensa della vita.
E il Tabernacolo dice
    Io sono l'arca del silenzio.
E un Capitello dice
    Io sono un nido di angeli.
E un altro Capitello dice
    Io sono un fascio di palme.
E un terzo Capitello dice
    Io sono un nodo di sole.
E il Tetto dice
    Io sono il limite dello spazio.
E il Chiostro dice
    Io sono l'anello della sposa.
E una Cella dice
    Io sono la camera segreta dell'amore.
E la Sacrestia dice
    Io sono il vestibolo delle nozze.
E un Arco romanico dice
    Io sono la rotondità della terra.
E un Arco gotico dice
    Io sono la verticalità del verbo.
e il primo Arco dice
    Io sono la perfezione della luce.
e il secondo Arco dice
    Io quella del Mistero.
E l'ombra di frate «Nessuno» dice
    Archi, capitelli, colonne
    voi non siete che forme dello spirito,
    la sintesi; Egli si è fatto in noi
    di carne, noi ci siamo fatti in voi
    di pietra, per essere tutti insieme l'Unità.
    E come ogni mattone ha bevuto una goccia
    del suo sangue, cosi ognuno canti ora
    la nota della sua misurata libertà.
    Perché voi siete tutti insieme l'Armonia.
    E quando forse gli uomini non parleranno
    più di lui, continuate a parlare voi, o pietre

Padre DAVID M. TUROLDO



Vitruvio dà all'architettura il titolo di scienza, ma non si limita a questo: anzi, la eleva al primato, in quanto contiene praticamente tutte le altre forme di conoscenza.
Nella fattispecie, l'architetto deve avere nozioni di:

 

GEOMETRIA: deve conoscere le forme con cui lavora

 

MATEMATICA: l'edificio deve stare in piedi, per questo vanno fatti dei calcoli specifici

 

ANATOMIA E MEDICINA: costruisce luoghi per la vita dell'uomo, per questo deve conoscere le proporzioni umane, deve fare attenzione a illuminazione, arieggiamento e salubrità di città ed

 

OTTICA ED ACUSTICA: basti pensare ai teatri

 

LEGGE: chiaramente, la costruzione deve seguire norme ben precise

 

TEOLOGIA: nel caso di edificazione di templi, questi dovevano essere graditi agli Dei

 

ASTRONOMIA: particolari tipologie di edifici, soprattutto luoghi di culto, dovevano tenere conto della posizione degli astri

 

METEREOLOGIA: il microclima del luogo di costruzione dell'edificio è fondamentale per le caratteristiche che deve avere.

 

L'architettura è imitazione della natura, l'edificio deve inserirsi armoniosamente nell'ambiente naturale. L'architetto deve possedere una vasta cultura generale, anche filosofica (il modello del De oratore di Cicerone è presente in Vitruvio), oltre alla conoscenza dell'acustica per la costruzione di teatri ed edifici simili, dell'ottica per l'illuminazione degli edifici, della medicina per l'igiene delle aree edificabili.

Vitruvio, nei proemi, mira anche a conferire all'architetto prestigio culturale e sociale solitamente negato ai tecnici antichi.

"Per quanti esperti liturgisti si possa valere un architetto, qualsiasi spazio sacro da lui progettato risentirebbe  notevolmente del suo personale ed autentico fervore religioso."
 (Sintesi estratta dal Saggio)

Il Santo Padre Benedetto XVI ci manifesta nella sua recente enciclica, “Caritas in Veritate”, che sia l'economia sia la finanza sono in crisi, in quanto, fondamentalmente, hanno smarrito quella vitale radice sociale ed umana dell’economia civile articolatasi nella storia e, di conseguenza, del suo sviluppo futuro.

Sarebbe pertanto opportuno ricominciare a tendere verso un’economia in funzione dell’uomo, riportando l’etica e la carità al centro del sistema del mercato e così anche riallacciarsi, civilmente, alle nostre radici architettoniche o comunque artistiche, culturali e tradizionali. [...] analizziamo, insieme, come queste alterazioni hanno influenzato e potranno influenzare in futuro l'architettura sacra. Risulta, indiscutibile oggettivamente, che le più eccelse creazioni pittoriche, scultoree, architettoniche dell’umanità, siano sempre sbocciate come soluzioni congiunte felicemente al fervore religioso.

Il fervore religioso sboccia dalla inevitabilità di voler percepire e partecipare ad una creazione infinita, che si sottrae alla nostre capacità, a causa della sua immensa e regolata molteplicità.

Un’aspirazione religiosa consacra, inoltre, motivi di gioia e fermezza, in opposizione a visioni spaventose di privazione di senso spirituale nella vita, laddove, al contrario, si cerca, con una pertinacia mefistofelica, ad esempio, di persuadere la gente che le costruzioni contemporanee debbano trasgredire necessariamente quei valori etici ed estetici di importanza culturale e consolidata nei millenni.

Queste tendenze “artistiche”, disubbidienti e provocatorie, comunicano linguaggi che però non risultano affatto accomunabili con le aspettative, legate alla fiducia ed ai desideri dei nostri patrimoni di conoscenze e formazioni intellettuali, bensì trasmettitori di effetti disastrosi non solo sugli elementi di stile, che hanno nel tempo sapientemente costituito gli equilibri degli ambienti costruiti, ma in particolare sull’uomo, sulla sua visione geometrica, sia fuori, sia dentro di sé, quindi anche su chi vive e fruisce di tali ambienti. Ad esempio, oggi si parla molto di anti-architettura o di architettura decostruttivista: l’architettura da sempre si è congiunta felicemente al fervore religioso, come già ricordato, però come può congiungersi alla religione anche l’anti-architettura? Non dovrebbe questa ultima, per sillogismo, congiungersi solo all’anti-religione!?

Pertanto a motivo dei medesimi principi da cui questi “anti-architetti” vengono influenzati (per poi influenzarne futuri fruitori, committenti ed architetti) risulta, fuori dubbio, una scelta inconciliabile affidare proprio a loro la progettazione di un edificio sacro. La loro ineguagliabile strategia progettuale si riduce a segni mediocri ed inattesi, che facciano strappare alle forme disegnate una purchessia emozione, strutturata solidamente alle pulsioni della sfera sensoriale, in un’epoca in cui chiunque può immediatamente soddisfare le proprie pulsioni, in tempi sempre più rapidi, come con un semplice click del mouse.

Viceversa in ogni dove, nelle Sacre Scritture, viene ripetuto ed evidenziato che i luoghi di culto restano vincolati ad essere luoghi sacri per eccellenza, così come per il tempio, che deve presentarsi come un “prototipo celeste”. Citiamo ad esempio quando il Signore mostra a Mosè, sul monte Sinai, forme ed aspetto del santuario che dovrà costruirgli: “Essi mi faranno un santuario ed Io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo i1 modello della Dimora ed il modello di tutti i suoi arredi”(Es. 25, 8-9).

[...] Inoltre, le arti sacre sono vincolate dal discernere le funzioni liturgiche, in ogni loro smisurata sostanza. L’architettura sacra, appunto, nelle proprie espressioni multiformi, deve permanere in una correlazione incessante con la magnificenza di Dio e perciò deve sostenere ed avvolgere la liturgia, per dirigere, alla Sua magnificenza incommensurabile, i fedeli, fruitori di quegli spazi architettonici. Pertanto, con liturgia ed architettura non possono sussistere inconciliabilità e/o contrapposizione. Allora se è necessario che vi siano linearità e persistenze teologico-storiche nei cerimoniali liturgici, in queste stesse linearità e persistenze siamo condotti a rintracciare l’autentico linguaggio, riconoscibile e privo di contraddizioni, anche nell’architettura sacra (oltre, ovviamente, in tutte le arti sacre non qui citate, come pittura, scultura, musica e così via dicendo).

Ecco perché la visibilità della vera architettura del cristianesimo non ha mai disgiunto, sia grazia, sia bellezza, dallo studio approfondito della Verità, rimanendo così custode a difesa dell’Annuncio di Dio, ovvero che, con Suo Figlio Gesù, da invisibile si è fatto visibile.

“[...] La mirabile partitura del creato ha bisogno però di un ermeneuta, di un interprete che comprenda tutto questo e sappia riconoscerlo, goderne, comunicarlo, viverlo [...]” (Mons. Marco Frisina, 2009).
Al contrario, ai nostri giorni, l’uomo troppo spesso pretende la sua indipendenza da Dio, autogestendosi fino a compararsi a Dio, in modo che ogni forma di arte, malgrado riproduca grazia e bellezza, le restituisce fini a se stesse, staccate da sensazioni e percezioni di fede, speranza ed amore nell’Assoluto.

Finora si è rimasti paralizzati, davanti ad una Chiesa così tragicamente avvilita dalla follia tormentosa di quei relitti di ritagli iconografici, inabissatisi nelle voragini delle figure di un ultimo e disincarnato espressionismo, a cui l’immaginario collettivo ha infine spalancato i portali, permettendo e divorando di tutto.[...] (Arch. Paolo Gioffreda 11/01/10)

LEGGI IL SAGGIO INTERO
La Vera Architettura Sacra è Sacralità dell'Architettura
 



BREVI CENNI SU: SPAZIO, TEMPIO, ARCHITETTURA ED ARTI (MUSICA), URBE ED ORTO
Arch. Paolo Gioffreda

Il termine “spazio” filologicamente potrebbe avere la radice indoeuropea “spat”, la stessa di un altro termine: spes. C’era la convinzione che lo spazio si intersecasse con il tempo: anche la speranza presuppone uno spazio temporale.
Una delle prime esperienze fondamentali dell’uomo è quella del neonato che esce dal grembo materno e cerca di conquistare lo spazio, ormai sconfinato rispetto a quello conosciuto nel corpo della madre. In ebraico figlio si dice “ben” (parola più presente nella Bibbia dopo Javeh). E “ben” deriva da “banah”, costruire: come emerge ad esempio dal Salmo 127, in cui si gioca tra costruire una città e generare un figlio.
Mircea Eliade disse che “quando l’umanità guarda lo spazio, si trova di fronte a uno spazio disperso, cui deve dare un senso”. Perciò crea un centro, il “fondamento  misterioso”, luogo di coordinamento dell’intero orizzonte: è lo spazio sacro che si esprime nel tempio. All’interno della Kabbalah si ritrova un’antifona basata sul termine macom, riferito a Javeh,  luogo d’ogni luogo. E il suo luogo non ha luogo.
Dopo le fondamenta si cominciano a erigere le pareti: le prime che si percepiscono sono il tempio cosmico, l’idea che siamo all’interno di una grande cattedrale. L’uomo è al centro, il tempio ha una volta celeste (angeli, astri), sulla terra ci sono ventidue creature, ovvero le
ventidue lettere dell’alfabeto ebraico… siamo all’alfabeto del creato.
Poi si costruisce il tempio vero e proprio e subito nasce il problema ineludibile: come contenere Dio in uno spazio limitato? Sono necessarie le due dimensioni della verticalità e dell’orizzontalità: la prima per l’incontro con Dio (se l’architettura sacra non riuscisse a creare il senso della trascendenza avrebbe fallito), la seconda per l’incontro con gli uomini.
Accostando architettura e musica, ad esempio, il gotico ha privilegiato la verticalità, come dimostra il Duomo di Milano, mentre in campo musicale si addice perfettamente il gregoriano monodico. La Basilica di San Pietro invece è caratterizzata soprattutto dall’orizzontalità, con la liturgia “opera del popolo”: musicalmente allora ecco la polifonia, da Palestrina in poi, che corrisponde più del gregoriano all’armonia del luogo.
All’interno del tempio ecco che arrivano i simboli, fondamentali per il culto cristiano: l’altare, il tabernacolo, il crocifisso, l’ambone, il battistero, le immagini sacre.
Un detto della tradizione giudaica ci tramanda: “Il mondo è come un occhio/Il bianco è il mare/L’iride è la terra/La pupilla è Gerusalemme/L’immagine in essa riflessa è il tempio”.
Un detto del Seicento citava: “Dio ha creato il giardino; l’uomo, Caino, la città”. Qual è il compito dell'architetto, che accetta di vivere come ermeneuta della Creazione? “Provare di mettere il giardino nella città”.

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